IN CIMA AL PALCOSCENICO
di Roberto Zago
Hanno recitato:
Nicoletta Cabello
Bruno Fanchetti
Chiara Moroni
Marilena Marmo
Elena Stanchi
Gianluca Moiser
Regia di Titti Tando
Applauditissimo a Sondrio l'ultimo lavoro di "Gente assurda"
IL PALCO SI TINGE DI GIALLO
Si replica stasera a Caiolo e il 1° giugno a Poggiridenti
Non c'è separazione tra teatro e vita, nell'ultimo lavoro di Gente Assurda, "In cima al palcoscenico" andato in scena sabato scorso alla sala Don Bosco. Lo si capisce fin dall'inizio, quando una custode in grembiule e crocchia si aggira tra il pubblico, fa sedere la gente, borbotta e bofonchia. E' un personaggio oppure una persona vera? Il dubbio rimane finché le luci (niente sipario) si accendono su attori che provano una scena, tra l'insoddisfazione del regista e la presenza-assenza di un misterioso "autore" che manda il suo testo a rate. Ben presto emergono i rapporti umani e i conflitti che stanno alla base di una malassortita compagnia (e vengono in mente i guitti di Pirandello ne "I giganti della montagna"): il regista è legato sentimentalmente all'attrice Paola ma apprende che questa a sua volta ama l'autore. Che si chiama Max ma, pizzico di pepe rispetto al testo originale di Roberto Zago, è una donna, paralizzata sulla sedia a rotelle, alla quale Marilena Marmo conferisce la sua recitazione davvero naturale. Gli attori provano e riprovano, ma la rappresentazione malgrado gli sforzi non decolla.
E qui sono davvero bravi i teatranti a fingersi "cani", a giocare di sottrazione nel dar prova di mala recitazione, a sfogare sul palco le inquietudini e le ansie dei loro personaggi frustrati.
Bruno Fanchetti, molto maturato, è il regista dalla personalità schizoide che arriverà ad accoltellare l'autrice, tra gelosia e desiderio di affermazione. Gianluca Moiser è l'attore che si vede sottratto il ruolo di protagonista, ma si adegua suo malgrado. Nicoletta Cabello è alquanto efficace nel restituire i tormenti di Paola mentre Elena Stanchi è vivace e sbarazzina come si conviene alla parte di Rita. Davvero superlativa Chiara Moroni che si imbruttisce e si invecchia nei panni di Orestina, custode del teatro e del comune buon senso, che interviene come un deus ex machina nei momenti di massima confusione a ristabilire l'equilibrio tra realtà e finzione. Con il suo dialetto verace. Recitare è vivere e vivere è recitare: sembra essere questo il motivo conduttore del lavoro diretto da Titti Tandoi che si tinge di giallo, con un bel finale a sorpresa che non vogliamo rivelare per non togliere il gusto a chi si è persa la rappresentazione a Sondrio, in un teatro gremito e potrà recuperare stasera a Caiolo (ore 21), nella nuova sala parrocchiale ed eventualmente il 1 giugno a Poggi, nell'ambito della stagione teatrale della Comunità Montana.
Articolo di Paolo Redaelli apparsosu La Provincia settimanale dell'11 maggio 2002